Editoria,  Racconti Brevi

Su Kertu


Io l’avevo detto che non si poteva portar via un paesano, che l’avremmo pagata tutti, ma loro dicevano che avremmo vinto noi.
Illuminati dal fuoco del bivacco, eravamo su di giri quanto un adolescente alla sua prima uscita. Noi vecchi testardi, balentes dell’ultima notte, non sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, come Paride che compì il ratto di Elena, stavamo andando incontro a una guerra che ci avrebbe portato all’inferno.
Era giunta l’ora: “Su Kertu” Una legge non scritta, che obbligava i compaesani del sequestrato a riportare a casa la vittima e vendicare con orgoglio l’onta subita.
Un brivido mi scese giù per la spina dorsale, lo sapevo che era l’adrenalina per ciò che stava per succedere, ma avevo percepito per un istante l’anima di mio nonno, ancora lì. Pronto a portarmi via.
Le luci di Osposidda lontane, nel buio, sembrano così vicine da essere toccate.
Sta per cominciare, e se dovessi tornare indietro non mi sarei offeso da quello sguardo strafottente che sembrava dire: “Forza, spara se hai le palle” In quel momento ho apito che aver coraggio vuol dire lasciar correre, non pensare alle sfide. Ma si sa, che i fatti si capiscono solo dopo che hai provato. Gli olienesi erano sul piede di guerra. Ci avevano visti salire sul monte Corrasi e sicuramente qualche spia avrebbe chiamato sa justhitzia. Peppino sapeva essere un uomo d’onore, disse di lasciar libero Caggiari, l’ostaggio. Ormai era una guerra tra noi e gli olienesi, una questione di orgoglio, l’ostaggio era di troppo. Una sfida a chi era più forte, ma quella che di più si è fatta onore è stata la stupidità dell’uomo.
Arroccati tra le rocce del monte Corrasi, aspettiamo la nostra fine, dietro i cespugli di lentisco imbracciamo i fucili. Sudore e lacrime si mischiano, sappiamo che non torneremo più dalle nostre donne, dai nostri figli. Una questione d’onore, effimero come il fumo che sale dal nostro bivacco, ha spezzato altre vite, oltre le nostre.
I balenii dei fucili, il rimbombo degli spari e alla fine mi ritrovo a terra. Mi guardo intorno, vedo i corpi dei miei amici straziati dalle pallottole e urla di trionfo dagli assalitori. Un lago di sangue tinge la mia amata terra, odore di polvere da sparo. Vedo divise, non ci sono gli odiati olienesi è sa justhitzia. Sento risate e fracasso. Mi torna in mente che potevamo usare Caggiari come ostaggio, ma siamo stati misericordiosi, sapevamo di non farcela, ma mai avremmo immaginato questo. Da pastore conosco la legge di balentes: “Perdonare quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi”, Tratto dall’Eneide di Virgilio, e non mi capacito. Mi sento sollevare come un fuscello, non ho dolore, solo rammarico mentre penso alla mia amata. Mi viene in mente “No potho reposare” , se tornassi indietro le direi che l’amo, l’amerò per tuta la vita e oltre. So che non mi rimane tanto tempo, l’oltre è già in divenire. Siamo tutti insieme ora, io e i miei compagni, chissà se anche loro sentono il rammarico, il perdono, la tristezza.
C’è anche Vincenzo, il soprintendente, anche lui sta lasciando questa terra. Qualcuno fa una foto, come si fa quando la compagnia di caccia spara al cinghiale, siamo dei trofei, delle bestie. Sulle camionette facciamo il giro del paese a sirene spiegate. Tutto intorno gli sguardi d’orrore dei bambini, delle donne che piangeranno i loro mariti, i loro compagni, i loro padri. Non riposerò mai in pace, i nostri corpi, crivellati dai proiettili, diventati ormai una poltiglia sanguinolenta, non saranno più il tempio delle nostre anime. Diventeranno il pasto dei vermi, e la nostra anima rimarrà a vagare per l’eternità.
“Quanto tempo ancora ci vorrà, fratello,
per uscire dalla barbarie
e perché le donne del paese
non cantino lamenti funebri?
Chi vi piangerà,
morti di Osposidda”
Tratto da Osposidda, brano di Piero Marras

Mamma, scrittrice, blogger e sperimentatrice, ho sempre la Nikon in borsa, amo i viaggi ma non viaggio per pigrizia. Ho un'insana passione per i libri e sono affetta da tre rare malattie: - Acquisto compulsivo di libri - Cucinomania - Sindrome della chioccia

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