Editoria,  Reportage

Il mostro di Firenze tra pazzia e cattiveria

“La scienza non ci ha ancora insegnato se la pazzia sia o no più sublime dell’intelligenza.” E.A.Poe

Alfredo Niceforo, giovane criminologo e antropologo, intorno al 1920, dichiarava due verità fondamentali. La prima diceva che ogni territorio della Sardegna ha una sua forma particolare di criminalità: forma che si differenzia dalle altre e che dà una speciale caratteristica al territorio in cui essa si manifesta. Mentre la seconda asserisce che  in Sardegna esiste una “corrente” moralmente ammalata, che ha per peculiarità propria, la rapina, il furto e il danneggiamento. Il Niceforo divide la Sardegna in territori e una di queste zone di delinquenza comprende il territorio di Nuoro, quello dell’alta Ogliastra e quello di Villacidro, da cui partono numerosi input per le altre regioni. La nostra storia, infatti comincia da qui: 

“Il mostro di Firenze”

Salvatore Vinci, uno dei personaggi compagni di merenda del Pacciani, nasce a Villacidro. Nel 1958 conosce nel suo paese natale Barbarina Steri, che più tardi sposerà. La ragazza era sempre stata reticente all’idea di sposare Salvatore Vinci, ma in famiglia erano convinti di quell’unione e alla fine dopo molteplici insistenze e coercizioni fisiche e morali, Barbarina si sposò con Salvatore.

Barbarina era ancora innamorata del primo fidanzato e aveva ripreso una relazione, questa volta clandestina, nonostante fosse diventata madre da poco.

Salvatore viene a conoscenza dei tradimenti della moglie e per porre fine alla questione, si mette d’accordo con due amici. I due complici della tresca seguirono Barbarina fino all’incontro con il suo amante e gli scattarono delle foto. In seguito l’avrebbero minacciata di divulgare le foto, a meno che lei non si fosse concessa sessualmente.

Il piano funzionò, tanto che Barbarina andò dal marito e gli raccontò che era stata aggredita da tre uomini. Salvatore Vinci fece finta di crederci e le consigliò di sporgere denuncia ai carabinieri. Lei lo fece, e una volta che i carabinieri ebbero sentito il marito, non ci volle molto a capire che la storia non era credibile. Indussero Barbarina a confessare la tresca. La donna fu rinchiusa in casa senza aver la possibilità di vedere l’amante che sarebbe stato coinvolto nell’adulterio.

La donna così continuò così a subire le violenze del marito, e non solo. Tutto il paese, le poche volte che usciva, la guardava e l’additava come vergogna del paese.

Barbarina decise di andarsene insieme al piccolo figlio, trovò lavoro in un orfanotrofio a Cagliari. La partenza fu fissata per il 21 gennaio 1960, ma non arrivò mai a prendere l’autobus. Fu trovata morta il 15 gennaio da suo marito: era riversa nel letto con la porta chiusa, e un tubo collegato a una bombola del gas aperta. La donna aveva graffi ed ematomi sul collo, ma il caso fu archiviato come suicidio.

Tempo dopo Salvatore Vinci si trasferì in Toscana Perché la vita a Villacidro gli era diventata impossibile, camminare tra la gente dopo il tradimento della moglie lo rendeva pieno di vergogna. Andò a stare dal fratello Giovanni. Dopo qualche tempo conobbe Stefano Mele e Barbara Locci. Andò a vivere da loro, su proposta di Stefano Mele, da sue dichiarazioni ottenute con un’intervista, rivelò che lui aveva bisogno di una donna che gli lavasse le camicie e di una casa, quindi accettò. Presto lui e Barbara divennero amanti. Mele non era geloso, anzi, quando erano in casa, diceva alla moglie di andare al cinema con Salvatore, oppure li mandava a casa insieme, mentre lui rimaneva al bar a giocare a carte. Qualche tempo dopo Barbara Locci rimase incinta, Salvatore non fu mai sicuro se il figlio dell’amante fosse suo o no.

Nel 1962 Salvatore sposò Rosina Massa che gli diede altri tre figli. Ma continuò a frequentare Barbara Locci, fino a quando quest’ultima non fu trovata insieme ad Antonio Lo Bianco all’interno di una Giulietta bianca, crivellati da 8 colpi di pistola Beretta calibro 22.

Salvatore, è stato descritto dalla moglie, come aggressivo e violento, ossessionato dal sesso, costringeva la moglie, amici,  e colleghi di lavoro alle più incontrollate perversioni sessuali tanto che Rosina Massa decide di lasciarlo e trasferirsi da un’altra parte. 

Finita la storia con Rosina, Vinci incontra Ada Pierini che diventerà la sua compagna. Qualche anno dopo anche lei si lamentò del carattere violento e lubrico del compagno, fino a lasciarlo. La presenza di Salvatore Vinci in Toscana, si è esaurita con un avviso di garanzia per tutti gli omicidi compiuti dal “mostro di Firenze” inviatogli alla fine del 1985 pochi mesi dopo il delitto degli Scopeti, ultimo duplice omicidio attribuito al mostro. Nel giugno del 1986 invece verrà arrestato, con un ordine di custodia emesso dai magistrati di Cagliari.

Tornando indietro nel tempo, ovvero agli anni ‘50, troviamo Francesco Mele, fratello di Salvatore, che parte insieme alla moglie dalla Sardegna per arrivare in Toscana. Francesco conosce Barbara Locci, presentatagli da suo fratello, e ne diventa l’amante. Il rapporto tra Barbara e Francesco diventa morboso e passionale tanto che alla fine abbandonò la moglie per vivere insieme a Barbara e suo marito Stefano Mele. Dopo l’omicidio di Barbara Locci e Lobianco, Francesco Vinci verrà accusato da Stefano Mele, di complicità nell’omicidio, con il fratello Salvatore, che confesserà di essere a conoscenza del possesso da parte del fratello, di una pistola non denunciata.

Dal processo a Stefano Mele per l’omicidio di Locci e Lo Bianco, Francesco Vinci uscirà come persona offesa in quanto incolpata ingiustamente.

 Però la vita passata in carcere tra condanne per furti, detenzione illegale di armi, custodie cautelari per omicidi è molto lunga. Nel 1982 Si trova proprio in prigione quando gli viene notificata una comunicazione giudiziaria per gli otto duplici omicidi imputati al “mostro di Firenze”. Il motivo per cui i magistrati fossero arrivati a lui non lo sappiamo. Comunque il “mostro di Firenze” tornò a colpire, scagionandolo da queste accuse.

 Nel mese di agosto del 1993, Francesco Vinci viene trovato carbonizzato nel portabagagli della sua auto, insieme all’amico Angelo Vargiu. Francesco Vinci era stato torturato e mutilato prima di essere ucciso per incaprettamento

La storia appena raccontata, portò a indagare a fondo il caso del suicidio della prima moglie di Salvatore Mele, morta accanto alla camera del figlio piccolo che dormiva. Durante le indagine si scoprì che a VIllacidro che le calibro 22 erano tutte facilmente reperibili, e tutte regolarmente denunciate, tranne una: quella di Franco Aresti, lontano parente di salvatore e Francesco Vinci, emigrato in Olanda e ormai morto. 

Cenni sullo studioso Niceforo

Alfredo Niceforo, giovane antropologo di stretta osservanza lombrosiana, dichiarava due assiomi fondamentali. Il primo: “Ogni territorio della Sardegna ha una sua forma particolare di criminalità: forma che si differenzia dalle altre e che dà una speciale caratteristica al territorio in cui essa si manifesta.” Ed ecco il secondo:’Esiste in Sardegna una specie di plaga moralmente ammalata che ha per carattere suo speciale la rapina, il furto e il danneggiamento. Da questa zona, che chiameremo Zona delinquente e che comprende il territorio di Nuoro, quello dell’alta Ogliastra e quello di Villacidro, partono numerosi batteri patogeni a portare nelle altre regioni sarde il sangue e la strage’. Le umilianti tesi del Niceforo si limiteranno  a ricordare la radice di questo stato patologico che la particolare forma del cranio dei sardi suggeriva. In Sardegna il libro suscitò proteste accorate e derisione nei confronti di Niceforo. Solamente Grazia Deledda  non si indignò anzi, dedicò uno dei suoi romanzi, “La via del male’: A dargli torto, invece, era la realtà pura e semplice. Infatti, le stesse cattive inclinazioni che Niceforo riteneva immorale e banditismo esclusivo della `zona delinquente’ si manifestava, e con pari crudeltà, anche fuori dai confini di quella `plaga moralmente ammalata’: si uccideva, si rapinava, si rubava, si devastavano campi coltivati anche in luoghi diversi dal Nuorese, dall’alta Ogliastra e dalla zona intorno a Villacidro; vi erano banditi anche in altro luogo. Si direbbe, insomma, che per trovare una spiegazione di questo stato di cose non fosse indispensabile affannarsi a misurare centinaia di crani tratti dagli ossari dei cimiteri sardi: era sufficiente esaminare le generali condizioni che pesavano, pur con non poche differenze, su ogni luogo della Sardegna. Il 27 marzo del 1899’La Nuova Sardegna’, in un articolo intitolato’La Sardegna all’asta’, pubblicava un sommario elenco dei beni espropriati e posti in vendita per il mancato pagamento d’imposte.’A Bonorva – vi si leggeva – 99 contribuenti sono espropriati di circa quattrocento beni. A uno dei disgraziati si mettono all’asta cinque seminativi e un vigneto, a una povera donna la casa. A Giave gli espropriati sono 114. Anche il piccolo comune di Semestene ha le sue vittime, 44. Il numero degli espropriati di Orani sale a 110. A Sorso, l’8 aprile, si procederà alla vendita delle case, dei seminativi, dei vigneti di 228 contribuenti: verranno messe letteralmente sul lastrico 121 famiglie, tante sono le case messe in vendita’.  Quindi si evince che la povertà e l’ignoranza abbiano contribuito a tale stato della società. Infatti per spiegare alcuni dei principali guai che affliggevano la Sardegna non era  necessario ricorrere alla particolare forma del cranio dei sardi, nati entro i confini della ’zona delinquente’ oppure altrove. Della `zona delinquente’ delimitata dal Niceforo sicuramente non fa parte Usini, quieto paesino non lontano da Sassari. Eppure fu ad Usini che, la mattina del 4 novembre 1891, Francesco Derosas, contadino ventottenne, uccise quattro persone: ad una delle vittime, una donna incinta, squarciò il ventre con una coltellata. Da quel giorno divenne bandito fra i più famosi. Nessuno indagò mai sulla forma del suo cranio.

Mamma, scrittrice, blogger e sperimentatrice, ho sempre la Nikon in borsa, amo i viaggi ma non viaggio per pigrizia. Ho un'insana passione per i libri e sono affetta da tre rare malattie: - Acquisto compulsivo di libri - Cucinomania - Sindrome della chioccia

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